martedì, dicembre 28, 2004

Propositi

Disegnare. Cantare.
Almeno provarci.
Teatro, cinema, lettura.
Sempre di più.
La prima maratona.
Chilometri sugli sci.
Vasche e terra rossa.
L’Argentina.
Gerusalemme, New York e l’Havana.
Il Giappone, l’India. Istanbul.
Cracovia e Perugia.
E S. Pietroburgo.
Le corde del violino e i tasti del vibrafono.
Accordi sulla chitarra.
Melodie al pianoforte.
Cene e chiacchiere.
Sperimentazioni.
Altri progetti.
Ancora nuove vite.
Sogni e utopie.
Politica.
Idee, interventi, manifestazioni.
Il coraggio.
Più della paura.
Più della delusione.
Il cuore
più di tutto il resto
E tutto in un anno.

lunedì, dicembre 27, 2004

I tentativi di Oblomov

C’è uno splendido sole in tutto il Ticino.
Ma a Campra si vede da lontano.
E la neve resiste su una pista che attraversa paesaggi da favola.
Cartoline invernali che incantano.
Mentre il freddo non dà tregua.
A fine gennaio il sole sarà più alto e le cartoline saranno ancora più belle.
E calde.
La neve si scioglierà in fretta. Dicono.
Prima di allora, per chi ama lo sci di fondo, saranno domeniche meno indolenti.

Recuperi

The Others
Un finale a sorpresa non salva un film che ha tutte le caratteristiche per farsi odiare da chi non ama le confezioni patinate e furbe.
Alejandro Amenabar voto : 4

Good bye Lenin
Un tenero filmetto. Se si ignorano alcune pretese sociologiche può anche far sorridere. A denti stretti.
Wolfang Becker Voto : 5

Il genio della truffa
Ma si è messo d’accordo con Steven Spielberg? Due film su due truffatori, e nello stesso anno. Difetti e pregi simili. Qui c’è meno moralismo. La storia è inverosimile e potrebbe essere vera. D’altra parte i personaggi non si disegnano con pennarelli su pezzi di cartone.
Ridley Scott voto : 5

Non ti muovere

La figlia, l’amante, la moglie. La vita intorno a lui.
Domande più o meno retoriche e banali sulla propria esistenza.
E comportamenti troppo scontati. Ancor peggio : cinematografici.
Perché Margaret Mazzantini l’ha scritto proprio per il marito, l’attore Sergio Castellitto.
E l’idea del film si percepisce pagina dopo pagina. Immagine dopo immagine. Dialogo dopo dialogo. Che sia ben scritto interessa molto poco.
Non è grande letteratura perché non c’è il pathos. Perché la sofferenza sembra un esercizio borghese e fasullo. Perché di luoghi comuni ce ne sono fino alla nausea.
E infine, neanche il film era una gran cosa.


Margaret Mazzantini
Non ti muovere voto 5

giovedì, dicembre 09, 2004

Ferro 3

E’ un piccolo film. Tenero ed intelligente.
E’ una favola. D’invenzioni ed emozioni.

Ferro 3 La casa vuota di Kim Ki-duk
Voto : 7

sabato, dicembre 04, 2004

La trilogia della città di K

Due fratelli. Due gemelli. Forse la stessa persona. Forse le stesse vicende viste da occhi diversi. O semplicemente in modo diverso. Incastri piu’ di emozioni che di coincidenze .
Una guerra, mai definita. Un paese che somiglia tanto all’Ûngheria. Rivoluzioni, epurazioni, povertà e infine il turismo senza memoria.
Ma Lucas e Claus sono gli unici protagonisti della trilogia di Agota Kristof.. E con loro, il tema del “doppio” declinato in una serie sempre piu’ elaborata di intersezioni.
Ma a fare del romanzo dello Kristof un testo da ricordare e segnalare, è piuttosto la prosa scorrevole ma innaturale, la costruzione lineare ma inquietante, i dialoghi semplici ma sconcertanti.
Capiterà piu’ volte, allora, di fermarsi. E meditare. Di rileggere. Di soffermarsi su ciascuna parola. E rimanere scossi. L’ambiente cambia spesso. Rapidamente gli eventi si susseguono, ma non ci si puo’ liberare dall’ inquietudine che ci ha avvolto. Sin dall’inizio. Già dalle prime immagini che si focalizzano. Forti, schiette, emozionanti.
Impressionanti. Gesti, azioni, scelte che naturalmente ed inesorabilmente si fanno, avvengono, si vedono. Che si descrivono e sconvolgono. Senza bisogno di altre parole.
Alla fine del libro i nostri occhi sono pieni d’immagini. Poi ci facciamo caso. E non ricordiamo nessuna descrizione.

Agota Kristof
“La trilogia della città di K”

2046

Se già si era compiaciuto, e molto, del suo gioiellino precedente “ In the mood for love”, per 2046, ovvero “In the mood for love 2 “ , Wong Kar-wai esagera. Lo rimira, lo strapazza, lo racconta e lo spiega. Diventa un polpettone con la ricerca del tempo perduto e suggestioni fantascientifiche, atmosfere languide e disperazioni metropolitane.
Un vortice di immagini e un diluvio di parole. Immagini splendide. Parole fascinose. E un tema musicale raffinato.
Ma frullando tutto ne è venuta fuori tanta noia fino al rigetto. E una grande voglia di silenzio
.

Wong Kar-wai 2046
voto : 5

giovedì, dicembre 02, 2004

Divorzio a Buda

Il rinnovo del prestito non è stato possibile.Già prenotato.
Ci sono, più o meno, 24 ore. E tante cose da fare.
Ma la giornata è umida e grigia. 200 pagine. Ci provo.
Un fiato. Scorre via come un film d’epoca. In costume.
Come una guida su una città amata.
Come certe serate tra amici, tra chiacchiere, carte da gioco e buon vino.
E mettendosi il cappotto, un brivido, una vertigine. La sensazione di non vivere.
Inaspettata.
Scorre ancora. Ma è amaro. Come resistere alla vita.
Come chiedersi cos’è l’amore.
La condiscendenza o il parossismo?
La confidenza o la complicità?
Illusione o pazzia?
Paradossi o tragedie?
Comunque inevitabile. Come la vita e la morte.
Quello di Sandor Marai è un romanzo in tre atti.
Banali considerazioni di un giudice divorzista.
Sipario.
Una merencena tra amici e familiari nel cuore di Buda.
Sipario.
Nello studio del giudice : la tragedia, l’inevitabilità e l’indecifrabilità dell’amore.
Fine.
E’ il primo romanzo di Marai che leggo. Apprezzabile, a tratti intelligente. Una prosa piana, descrittiva ed efficace. Decadente e disincantato parlando d’amore.
Intanto, la nostalgia di rileggere le opinioni di un clown. Sull’amore.

Sandor Marai
“Divorzio a Buda” 6.5

martedì, novembre 30, 2004

Live in London : Ed Harcourt

Avevo scritto tutto. File danneggiato. Illeggibile.
Non scriverò più del Madame Jojo’s, cuore di Soho, Brewer Street London.
Del freddo di una domenica di novembre.
Degli immancabili fliers all’ingresso.
E della doccia fredda del sold out.
Per Ed Harcourt?
Più o meno, un emerito sconosciuto da queste parti.Quelle italiane intendo.
Del tentativo di commuovere la cassiera con la storia del fan italiano che viene apposta per il concerto. Miseramente fallito.
Dell’insopportabile bagarino che vuol farti credere di essere afflitto perché non potrà restare ubriaco tutta la notte se non vende i biglietti al doppio del loro prezzo.
Dei buttafuori- buttadentro, stronzi come al solito, stronzi dappertutto.
Che scrutano come scimmie in cerca di banane, e che estraggono soddisfatti la bottiglietta d’acqua che era passata indenne alla Tate Gallery e, finanche, al giorno della Rimembranza.
Che si facciano il bidet e se la bevano pure!
Del solito club londinese.
Ma come cazzo è fatto un club londinese?
Deve essere piccolo? Squallido? Divani sotto l’aria condizionata? Fumo e solo alcool al bar?
Non scriverò, di nuovo, dei “The magic numbers”, il gruppo che apre il concerto, brutto nome qualche applauso per musica in stile Badly Drawn Boy, adipe e peluria compresa.
E non ho più neanche voglia di scrivere dello stesso Ed Harcourt che si danna per un’ora e mezza, tra vibrati alla Tim o Jeff Buckley, e la ruggine di Tom Waits, tra glamour e psichedelia, tra la tenerezza di canzoni acustiche e la ruvidità di chitarre incontrollate. E si danna, ancora di più, ad abbattere le leggi della fisica, tentando di sistemare otto musicisti in un micropalco per solisti, e a fare sentire il suono del violino con una batteria che copre, indecentemente, qualunque altro suono.
Generoso, comunque. Ottimo musicista. Buoni ascolti. Ma gli mancano i gioielli, la pazzia e il dono dell’originalità.
Domenica 14 novembre 2004 , Londra
Ed Harcourt voto : 6

sabato, novembre 20, 2004

Come smantellare gli U2?

Sempre uguali a se stessi. Ovvero come ascoltare, in peggio, i loro ultimi album. Della verve naive e sanguigna di "Sunday bloody sunday" non è rimasto più nulla.

U2 How to dismantle an atomic bomb
voto : 4
....e ancora per alcuni giorni potete ascoltarlo qui.

martedì, novembre 16, 2004

Rufus Wainwright

Mancano i gioielli.
C’è il ritmo e il gioco che cresce di The one you love.
C’è l’armonia e la dolcezza di Memphis skyline.
E tenerezza varia.

Want too
voto 6.5

giovedì, novembre 11, 2004

Due ore a : Lucerna

Su e giù per il ponte ricostruito.
Sonnacchiosa e languida.
Piccola e accogliente.
Un ansiolitico per poche ore.
Dopo, consigliati gli antidepressivi.

mercoledì, novembre 10, 2004

Elegia

Avevo una passione per la musiva di ruggine
di fumo che stropiccia gli occhi
di cuore che batte lento e poi si attorciglia
di memorie incantate ad osservare un cielo ruvido
di viaggi esotici in giacca blu
di balli solitari nella stanza buia
di giganti, elefanti, patriarchi e di aromatiche idee…

Paolo Conte “Elegia”
Voto : 8.5
E se la domanda è rosso fuoco di che colore è la risposta?

Cinema d'autunno

Le chiavi di casa
Gianni Amelio prova a fare un film col cuore e ci riesce a metà. Emoziona e commuove, e non sono lacrime a dirotto, non sono sensi di colpa e non c’è un mondo cattivo intorno. Piuttosto tentativi : di un padre che accarezza un figlio lontano, disperazioni che si stemperano in gesti teneri e lievi, sguardi che virano all’angoscia e dirottano dall’ipocrisia. E sono tentativi anche quelli di una regia che aspetta una sentenza quando è già stato detto tutto senza parole o che si autocompiace dell’intimità che costruisce, che si perde nella complicità o nella freddezza dei luoghi. Tentativi che fanno del film di Amelio un oggetto curioso. Che si fa amare senza farsi giudicare.
Voto :7

Le conseguenze dell’amore.
Pochi mesi fa, nel cuore delle mie notti insonni, ero rimasto incantato da un film italiano. Delizioso, intelligente e spiazzante. Era “ L’uomo in piu’”. Il regista: uno sconosciuto napoletano. Paolo Sorrentino. Ma da dove saltava fuori? Un rigore e una passione narrativa che mai avrei potuto immaginare in un cinema italiano cosi’ asfittico e autoreferenziale. E quasi sempre noioso. Meravigliarsi allora che il suo secondo film sia stato l’unico “italiano” invitato all’ultimo festival di Cannes? Ma la sorpresa c’è stata. Anche il secondo film è bello, intelligente ed intrigante. Cambia la scena, cambiano i colori, non la crudeltà della vita, e la rassegnazione alla sopravvivenza. Vite al limite e paradossi da teatro pirandelliano nel mondo del grottesco. Uno splendido Toni Servillo è, nell’Uomo in piu’ un cantante in rovina, e ne “Le conseguenze dell’amore” uno scontroso commercialista nella Lugano dei paradisi fiscali. Ma è soprattutto un’anima inquieta, che deve fare i conti con catene strette ai polsi e al cuore. Le incongruenze contano poco.
Voto : 7

La mala educacion
E finalmente Almodovar. Che fallisce per inerzia. Ormai troppo simile a se stesso, cade perché ormai il suo cinema si fa da sé. Senza la necessità o il rischio di uno sporco coinvolgimento. Cade in piedi, il maestro. Sa ancora regalare quadri affascinanti e momenti di regia carichi di simboli, allusioni, metafore, emozioni e una quantità smisurata di stile. Ma da Tutto su mia madre in poi ( capolavoro dell’ultimo Almodovar ) sempre piu’ maniera e sempre piu’ cinema patinato, Cosa abbiamo fatto noi per meritare questo?
N.B, E’ un film interessante, ma da Almodovar ci si aspetta solo il capolavoro.
Voto : 6

Il segreto di Vera Drake
Le premesse : piu’ che il leone d’oro a Venezia, vale ricordare che Mike Leigh è il regista di splendidi spaccati della realtà contemporanea inglese quali Segreti e bugie e Tutto o niente.
Il tema : gli aborti clandestini nell’Inghilterra puritana e classista degli anni ’50.
Vera Drake aiuta tutti con il sorriso sulle labbra, con una abnegazione parossistica ed un’ingenuità indecifrabile. Aiuta anche delle ragazze. Le ragazze in difficoltà. Con una siringa Higginson e sapone grattugiato. Fino a quando una di loro rischia di morire.
Tutto ben raccontato, ben recitato, ben costruito, sceneggiato, ambientato. Ma rimpiango le imperfezioni e la verità delle storie di angoscia quotidiana nell’Inghilterra contemporanea. I segreti e le bugie. Quelle vere.
Voto : 6.5

Mare dentro
Ribadisco. L’ho trovato fasullo e noioso. Un tv- movie patetico che fa male alla causa, sacrosanta, dell’eutanasia. Incredibile Leone d’Argento e Coppa Volpi a Venezia.
Voto :3

Se mi lasci ti cancello
Perché l’ho visto? Non bastava il titolo per starne alla larga? Neanche i ragazzini armati di pop corn che stazionavano all’ingresso in attesa dei posti migliori? Neanche la stupidissima faccia di gomma di Jim Carrrey e la Titanic girl Kate Winslett? Neanche le recensioni entusiaste dei professionisti della critica generosa e sconsiderata? Neanche la pericolosissima vicinanza a temi da Lifegate? Non è bastato. E l’ho visto. E, secondo questo film, potrei anche non dimenticarlo. Questa è sfiga.
Voto : 4

mercoledì, ottobre 27, 2004

Cinema e teatro

Che bello piangere al cinema.
Che bello vedere la gente in un teatro, prima di uno spettacolo.
Al cinema può capitare di piangere anche vedendo le cose più insulse. Ma che siano patetiche. Di fronte ad un opera d’arte le lacrime vengono spesso risucchiate dall’angoscia, dal terrore, dalla rabbia, dall’inquietudine.
A teatro gli spettatori appaiono più variegati, più disponibili a commentare con il vicino per caso e molto più curiosi. Ci si osserva e, ad un certo punto, ci si scambia un segno d’intesa. Come in una messa laica e riservata.
Prima di un film non si parla di cinema.
A teatro si progettano corsi di recitazione, di danze orientali, di scrittura creativa. Si riesce anche a discutere di libri e del film da vedere nella stessa serata.
Quando inizia un film e il buio in sala è fitto si sprofonda nella poltrona di velluto e le mani cercano altre mani, o bottiglie d’acqua, o foglietti da accartocciare, o lacrime da asciugare.
Quando il buio si fa fitto, il silenzio è immediato. Non c’è più sipario a teatro. Non ci sono più le poltrone comode di una volta. Gli sguardi si cercano e la scena si avvicina.
Al cinema tutti rimangono incollati ai loro posti e se anche qualcuno va via, l’avrà fatto sicuramente perché sta perdendo il metrò o perché rivede il film per la seconda volta. E, in ogni caso, nessuno se ne cura.
A teatro l’uscita di alcuni spettatori è un colpo di scena. C’è chi si domanda se lo hanno fatto per le scene di nudo e chi scommette che sono d’accordo con la regia. Tutti ne parlano.
Di una domenica tra cinema e teatro ricordo che :
- il film era “Mare dentro” di Alejandro Amenabar
- la piece teatrale era “La scimia” di Emma Dante
- non ricordo di avere visto film più smaccatamente patetico da molti anni a questa parte, tranne “Incompreso” che però prendo a dosi volontarie e gratuite.
- sono curioso di leggere il breve saggio-racconto di Tommaso Landolfi da cui è stato tratto il lavoro della regista palermitana che sembra abbia trovato il segreto per replicare non solo il suo teatro ma anche premi e ammirate recensioni. L’artificio sembra, però, non avere lo stesso effetto seriale con gli applausi del pubblico.
- malgrado le dichiarazioni del regista e della stampa, “Mare dentro” è apertamente contro l’eutanasia che rappresenta come una scelta di comodo e, sempre involontariamente, come un banalissimo suicidio per amore
- la messa in scena della “scimia” è estremamente nervosa e caricata al punto da non cogliere con il giusto “raccoglimento” una simbologia profonda e affascinante. Che esigeva rigore intorno.
- è incredibile che un film del genere possa avere vinto il Leone d’argento a Venezia e Javer Bardem, che mi ricorda tanto Al Capone sul letto di morte, la Coppa Volpi per il migliore attore.
- gli attori della compagnia Sud Costa Occidentale e del teatro Garibaldi di Palermo sono bravi. E stupefacente è l’interpretazione della “scimia”. La sua gestualità, le sue libertà, le sue urla diventano il fulcro su cui si innesta il racconto e, soprattutto, intorno a cui si realizzano quadri d’intensa bellezza.
- le “Chiavi di casa” era, indubbiamente, un film imperfetto. Pieno di errori. Ma quanta più grazie ed emozioni. E sempre lontano dal ridicolo che qui abbonda.
- temo non raccapezzarmi più.
Dunque:
Mare dentro di Alejandro Amenabar voto 3
“La scimmia” regia di Emma Dante voto 6

martedì, ottobre 26, 2004

Per esorcizzare e non per insultare

Dopo l'ennesima ingratitudine, il bandanato ridens potrebbe avere compreso che i suoi sudditi non hanno più bisogno di quell'alone di democrazia che ancora concedeva.

7-0

Un presidente di una squadra di calcio si dimetterebbe.
Ma non è una cosa seria.
Il calcio.